Il Maestro degli Annunci ai pastori e i pittori dal tremendo impasto (Napoli 1625-1650)
La critica ha documentato da tempo, con ampiezza e in profondità, i rilevanti risultati conseguiti a Napoli nel campo delle arti nell'arco della prima metà del Seicento, soprattutto in pittura e nel solco dei grandi esempi locali del Caravaggio. Tra i primi protagonisti di questa vicenda, che vide Napoli tra i centri italiani ed europei più attivi, con soluzioni di assoluta originalità, nel solco delle tendenze di recente matrice caravaggesca, si collocano Giovan Battista Caracciolo, con evidenza minore Carlo Sellitto e, dal 1616, dopo un giovanile e fecondo soggiorno romano, lo spagnolo Jusepe de Ribera. L'esempio di quest'ultimo, consistente in una fitta successione di dipinti con scene bibliche ed evangeliche o con 'mezze figure' di giovani e anziani scelti tra gli umili e gli emarginati della realtà napoletana, popolare e quotidiana, di primo Seicento per rappresentare apostoli, santi e profeti, filosofi e scienziati dell'Antichità o personificazioni dei sensi, ebbe estesa e accentuata incidenza sulla formazione e sulle successive scelte di numerosi pittori della giovane generazione presenti nella capitale del viceregno spagnolo nel terzo o agli inizi del quarto decennio del secolo. Pittori napoletani e di varia provenienza meridionale, soprattutto pugliese, che, dopo una formazione condotta per lo più su esempi di Ribera prima del 1630, elaborarono soluzioni improntate a vigoroso naturalismo, con una resa concreta e quasi tangibile di panni ed epidermidi, di particolari anatomici e tratti somatici, di stati d'animo e reazioni emotive, conseguite soprattutto con l'utilizzo di marcati contrasti di luci e ombre, come di dense stesure cromatiche, dalle tonalità fosche e bituminose o infuocate e corrusche. Tra questi pittori le fonti sei e settecentesche segnalano, tra gli altri, Bartolomeo Passante, nato a Brindisi nel 1618, presente a Napoli dal 1629 nella bottega del napoletano Pietro Beato, di cui nel 1636 avrebbe sposato la nipote e che sarebbe morto appena trentenne nel 1648. Di Passante, di cui Carlo Celano nel 1692 segnala una dispersa Natività sulla controfacciata della chiesa napoletana di San Giacomo degli Spagnoli e che il biografo Bernardo De Dominici alla metà del Settecento, dopo averlo erroneamente ricordato allievo a Napoli di Ribera, definisce pittore dal "tremendo impasto del colore", purtroppo, come del suo maestro e congiunto Pietro Beato, non si conosce al momento alcun dipinto. Nel secolo scorso una parte della critica - dal Mayer a Roberto Longhi e al Perera - propose d'identificarlo, spesso indicandolo anche come Bartolomeo Bassante, con l'autore di alcuni dipinti con la prevalente rappresentazione dell'Annuncio ai pastori. Con la sola eccezione di altri studiosi - da Bologna a Raffaello Causa e a Pérez Sánchez - che preferirono indicare l'autore degli stessi dipinti in un anonimo Maestro dell'Annuncio ai pastori. Solo in seguito è stato anche proposto, poco convincentemente, d'identificare l'anonimo Maestro con il valenzano Juan Dò, documentato a Napoli dalla metà del terzo decennio del secolo e copista o collaboratore di Ribera fino alla metà del Seicento.
Nicola Spinosa, impegnato da tempo in ricerche sui pittori attivi a Napoli nel Sei e nel Settecento, ha affrontato, con la presente pubblicazione e sulla base di accresciute conoscenze, il problema dell'identificazione dell'ormai consistente nucleo di dipinti finora assegnati a Bartolomeo Passante e/o al cosiddetto Maestro dell'Annuncio o degli Annunci ai pastori. Dopo aver catalogato, suddividendoli in ragione dei soggetti illustrati, i circa cento dipinti sia già noti o ancora inediti assegnati o assegnabili, per concordanze stilistiche, a entrambi o a uno dei due, Spinosa nel saggio che precede il catalogo ha posto il problema della opportunità di rivedere, alla luce delle acquisizioni recenti, almeno in parte le conclusioni finora avanzate dalla critica sull'identità dell'autore e sulla datazione dei dipinti dell'intero nucleo.
Considerata l'oggettiva impossibilità di assegnare l'insieme delle tele considerate e per l'occasione illustrate con schede in catalogo a un solo pittore, datandole tutte nel breve arco di tempo entro cui operò a Napoli Bartolomeo Passante dopo la formazione dal 1629 nella bottega di Pietro Beato e fino alla precoce scomparsa nel 1648, Spinosa ha ipotizzato, infatti, in attesa di necessarie, ulteriori e incontrovertibili verifiche, che la serie di dipinti caratterizzati da soluzioni vigorosa matrice naturalista e caravaggesca (come, tra gli altri, l'Annuncio ai pastori del Museo di Capodimonte e la versione d'identico soggetto del Museo di Birmingham), databili entro o poco dopo il 1630, non sia da assegnare, piuttosto che a Bartolomeo Passante e/o all'anonimo Maestro, proprio al napoletano Pietro Beato; che un altro nucleo di tele con soluzioni sempre di matrice naturalista, ma con una resa cromatica meno fosca o caliginosa e più rischiarata, databile dalla metà del quarto decennio del secolo alla metà del decennio successivo, possa essere il risultato della probabile e stretta collaborazione di Pietro Beato con Passante, dal 1636 suo acquisito congiunto e - quasi certamente - 'socio di bottega'; che a quest'ultimo, infine, possano spettare solo alcuni dipinti di minore impegno esecutivo (forse alcune 'mezze figure' di apostoli, filosofi o personificazioni dei sensi?) con una datazione intorno o di poco successiva al 1640 e - ovvio - precedente la sua precoce scomparsa nel 1648.
Mosso da queste considerazioni e da queste nuove ipotesi attributive, l'autore della monografia, mettendo a confronto i dipinti assegnati finora a Bartolomeo Passante (o al Maestro degli Annunci ai pastori) con esempi sia di Ribera in particolare (ma anche del suo collaboratore e copista Juan Dò), ma anche di altri pittori attivi a Napoli negli stessi anni, sia muovendo da premesse e giungendo a scelte stilisticamente diverse: come, tra gli altri, Battistello Caracciolo o Paolo Finoglio e Filippo Vitale, Massimo Stanzione e Andrea Vaccaro o Francesco Guarini, Aniello Falcone e Bernardo Cavallino o Antonio De Bellis o Giovan Battista Spinelli. Con un'attenzione rivolta soprattutto ai quanti - dai fratelli Cesare e Francesco Fracanzano al cosiddetto Maestro di Bovino e a Nunzio Rossi - potrebbe essere esteso il giudizio espresso dal De Dominici come pittore dal "tremendo impasto del colore" per Bartolomeo Passante. Pittori che, come il Maestro di Bovino e Francesco Fracanzano in particolare - probabilmente, se non ne frequentarono personalmente la bottega, ebbero diretti e influenti contatti, determinanti per la rispettiva formazione e i successivi sviluppi, con gli esempi di Pietro Beato intorno al 1630.
La monografia, con bibliografia generale e indici dei luoghi e dei nomi a cura di Michela Corso, si avvale di un corredo illustrativo costituito da circa 120 riproduzioni a colori derivanti da un'apposita campagna fotografica e da circa 130 riproduzioni in bianco e nero.